La consapevolezza degli Eugenio in Via di Gioia by Roberta De Rossi Lyrics
La paura, il cercare di ricondurre a qualcosa di noto ciò che si ignora. Perché l'ammissione d’incertezza non è ciò a cui siamo educati, è sinonimo di debolezza e poco lascia spazio all'esaltazione dell'Io.
Per questo “ho paura dei mostri, loro sono cattivi e si muovono al buio”, “io non li ho mai visti in faccia”.
Gli Eugenio in Via di Gioia ricordano come la realtà sia per l’essere umano lo specchio delle proprie percezioni ed esperienze.
Il brano “Cerchi” esprime quel relativismo che bene si oppone ad un'attualità che stravolge il significato della libertà d'espressione, confondendo opinioni con verità assolute.
Le metafore della lumaca e del computer, che - come l'uomo – non lo capiranno mai, sottolineano la finitezza della conoscenza. Chiusi in un guscio o in uno schermo ci “si sente già il centro esatto del creato”, ci si convince che il giusto ed il buono siano esclusivo appannaggio della bolla in cui ci si confina, si risponde con diffidenza all'accorgersi dell'esistenza del diverso. Quindi ci “si affida alla ragione”, applicando parametri personali come se fossero metro di giustizia.
Parallelamente, una riflessione è riservata alla coscienza del Sé, a un'autoanalisi mancata. “Non mi sono mai visto”, afferma il protagonista della prima strofa.
“Cerchi” suggerisce il silenzio in favore dell'ascolto, l’introspezione come chiave per la comprensione.
Per questo “ho paura dei mostri, loro sono cattivi e si muovono al buio”, “io non li ho mai visti in faccia”.
Gli Eugenio in Via di Gioia ricordano come la realtà sia per l’essere umano lo specchio delle proprie percezioni ed esperienze.
Il brano “Cerchi” esprime quel relativismo che bene si oppone ad un'attualità che stravolge il significato della libertà d'espressione, confondendo opinioni con verità assolute.
Le metafore della lumaca e del computer, che - come l'uomo – non lo capiranno mai, sottolineano la finitezza della conoscenza. Chiusi in un guscio o in uno schermo ci “si sente già il centro esatto del creato”, ci si convince che il giusto ed il buono siano esclusivo appannaggio della bolla in cui ci si confina, si risponde con diffidenza all'accorgersi dell'esistenza del diverso. Quindi ci “si affida alla ragione”, applicando parametri personali come se fossero metro di giustizia.
Parallelamente, una riflessione è riservata alla coscienza del Sé, a un'autoanalisi mancata. “Non mi sono mai visto”, afferma il protagonista della prima strofa.
“Cerchi” suggerisce il silenzio in favore dell'ascolto, l’introspezione come chiave per la comprensione.