Kid Cudi ritorno sulla Luna by Ranieri Alessandro Lyrics
Dal lontano 2009, quando Kid Cudi si presentò con “Man on the Moon: The End of Day”, sono passati undici anni. La superstar di Cleveland iniziò a dare un assaggio della sua persona umana e artistica, grazie alla copertina del suo primo album. Ci sono colori caldi come il rosso, l’arancio e il violaceo che cospargono l’Universo rappresentato. Abbiamo la costruzione di una luna perfettamente centrata nel riquadro, con il sole nelle retrovie che prova a sorgere e, infine, la faccia di Kid Cudi di profilo. È un’atmosfera psichedelica, che non chiarisce cosa conterrà il disco, anzi, crea maggior mistero. Gli aspetti legati alla depressione, alla morte e di una infelicità perpetua costituiscono il fil-rouge di tutta la sua carriera. Paradossalmente, queste condizioni di difficoltà gli hanno permesso di crearsi un personaggio totalmente estraneo ad ogni tipo di compromesso, soprattutto quello di vivere sotto i riflettori dell’industria musicale. E questo suo fare sincero e totalmente aperto con il suo pubblico, lo ha fatto arrivare al terzo capitolo della trilogia MOTM, “Man on the Moon III: The Chosen”, pubblicato lo scorso 11 dicembre.
L’uscita del disco non è stata annunciata in alcun modo, quindi è chiaro che si sia trattato di un fulmine a ciel sereno. Il suo profilo Instagram aveva lasciato qualche dubbio riguardo la produzione di nuova musica, quando ad agosto venne pubblicato un video di Mike Dean - che ritroveremo come fautore dell’ultima traccia del disco “Lord I Know” - nel studio intento a creare qualcosa nel pentolone geniale della sua mente. E la didascalia del post recitava “It’s happenin…”, un messaggio criptico comunque di buone speranze non solo per vedere nuova musica, ma anche per la sua persona.
Nel 2016, Kid Cudi ha passato diversi mesi in un centro riabilitativo per curarsi dalla dipendenza di droghe, alcool e per gli istinti suicidi che erano diventati una costante della sua esistenza. Come dichiarato in una recente intervista per Esquire, quel momento difficile gli è servito per “imparare l’arte di attraversare me stesso”. Niente musica per un anno, gli unici pensieri erano rivolti alla sua salute. Quando, nel 2018, il suo amico fraterno, nonché suo mentore, Kanye West gli propose di far uscire il joint album “Kids See Ghosts” tutto cambiò. L’album è un testamento da parte di entrambi su temi comuni alle loro esistenze, cioè la depressione e la salute mentale - anche Kanye, nel 2016, venne ricoverato per esaurimento nervoso dopo un exploit in una tappa del Saint Pablo Tour in cui fece un discorso “ambiguo”- e Cudi, in quel momento, aveva bisogno proprio di un ritorno alle origini in cui ritrovare sé stesso. In fondo, la sua musica ha sempre preteso di porre l’accento su una visione olistica della vita, soffermandosi sull’individualismo. Era una l’inizio di una vita, come ci ricorda proprio la canzone “Reborn”, la più lunga delle sette tracce complessive della durata di cinque minuti e venticinque secondi.
L’ultima opera di Cudi, composta da 18 tracce complessive, ha voluto porre al centro il numero tre, il numero perfetto. Oltre a completare la trilogia musicale, il disco è diviso in quattro atti: “Return 2 Madness”, “The Rager, The Menace”, “Heart Of Rose Gold” e “Powers”. Inoltre, il disco potrebbe rappresentare il terzo passo di una nuova vita dopo, essere stato in cima alla luna (“Man On The Moon - The End Of Day”), tornato sulla Terra per prendersi carico della sua salute (“Passion,Pain & Demon Slayin’”) e ora è volato di nuovo nella galassia con piena consapevolezza della sua anima con “The Chosen”.
In “Tequila Shots”, una delle migliori del disco, Cudi affronta i suoi continui problemi con la sua salute mentale e quei giorni, più negativi che positivi, in cui gli unici pensieri erano rivolti ad uscire da quegli incubi continui. La morte del padre quando Cudi aveva appena 11 anni è stato l’evento che di più lo ha segnato e formato. Nell’intervista con Zane Lowe per Apple, ricorda i primi tempi trascorsi post-lutto.
"Nel mio primo album non mi ero reso conto che la morte di mio padre aveva avuto un impatto in questo modo fino a quando non ne ho scritto. Immagino che essere solo sia un problema per me. Immagino che essere depressi sia un problema. Non sapevo cosa fosse. Sto solo facendo musica. Cose che non avevo individuato prima della terapia. "
Il suo allontanamento mentale gli ha permesso di riscoprire la vera essenza di essere artisti: il tempo. Kid Cudi ha realizzato quest’ultimo disco senza nessuna pressione di buttare tutto fuori per dimostrare di essere sul pezzo, che è un po’ il concetto per riassumere questa epoca frenetica e senza pause, ma ha iniziato ad assaporare tutto il suo percorso anche al di fuori della musica: ad esempio, ha recitato nella serie di Luca Guadagnino per HBO “We Are Who We Are”, uscita lo scorso settembre e disponibile in Italia per Sky Atlantic. Il punto di rottura nella vita e carriera di Cudi si materializza su una sottile linea rossa che divide l’ansia e l’esaurimento nervoso da una vita lenta, fatta di piccoli momenti di gioia in grado di comporre il puzzle finale dell’esistenza.
In “Mr. Solo Dolo III”, forse la canzone che rappresenta al meglio chi è il Kid Cudi artista, ci porta nella sua testa e nella mente che lo tormenta ogni notte. Nel primo verso rappa:
“Been pushin' it for days, I'm on a mission to climb, woah/ Losin' rеality, been sayin' I'm fine, try my hardest to sleep”.
È chiaro che la terapia di ripresa non è del tutto terminata, ma già nell’intervista con Lowe lo si vede più rilassato e sorridente. Come spiega, si è finalmente liberato del macigno da entertainer compulsivo, quasi un animale da circo, che deve soddisfare le folle affamate di novità. Dorme a sonni tranquilli.
Un altro punto interessante del disco “She Knows It”, dove ad intrecciarsi sono i temi legati alla futilità del sesso occasionale e cerca di riflettere verso il genere femminile quasi come una ispirazione, e come uno dei motivi del suo costante uso di droghe e alcool.
“Now listen, wow, baby, let me set it off
In your itty-bitty 'kini, such a vision, oh
You my fix, you's a hit in forever long
Workin' it, your sweaty body, love to see it go, ooh-ooh
Take a ride if you like, let's see”
Su Youtube, è stata pubblicata la prima parte del video della canzone diretto da Nabil Elderkin, la mente dietro diverse clip di Kendrick Lamar, Frank Ocean e Kanye West, ed è una piccola grande perla. Non voglio rovinare il piacere per chi non l'avesse ancora vista, vi dico solo che c’è Kid Cudi mentre guarda “La ricerca della felicità” di Will Smith in uno dei momenti clou del film. Inoltre, tutto il suo immaginario è presente in tutte le forme: dalla psichedelia all’alcool, alle droghe e gli istinti suicidi, fino ad arrivare alla voglia di evadere mentalmente.
Kid Cudi, a 36 anni, è nel momento più equilibrato della sua vita. Sempre nell’ultima traccia, alla fine della canzone, la figlia Vada interviene brevemente con un “to be continued”, lasciando presagire che ci sarà altra musica molto presto.
La rinascita ci ha permesso di vederlo nella sua forma migliore e noi speriamo rimanga così per sempre. Cioè, uno dei migliori interpreti musicali contemporanei.
L’uscita del disco non è stata annunciata in alcun modo, quindi è chiaro che si sia trattato di un fulmine a ciel sereno. Il suo profilo Instagram aveva lasciato qualche dubbio riguardo la produzione di nuova musica, quando ad agosto venne pubblicato un video di Mike Dean - che ritroveremo come fautore dell’ultima traccia del disco “Lord I Know” - nel studio intento a creare qualcosa nel pentolone geniale della sua mente. E la didascalia del post recitava “It’s happenin…”, un messaggio criptico comunque di buone speranze non solo per vedere nuova musica, ma anche per la sua persona.
Nel 2016, Kid Cudi ha passato diversi mesi in un centro riabilitativo per curarsi dalla dipendenza di droghe, alcool e per gli istinti suicidi che erano diventati una costante della sua esistenza. Come dichiarato in una recente intervista per Esquire, quel momento difficile gli è servito per “imparare l’arte di attraversare me stesso”. Niente musica per un anno, gli unici pensieri erano rivolti alla sua salute. Quando, nel 2018, il suo amico fraterno, nonché suo mentore, Kanye West gli propose di far uscire il joint album “Kids See Ghosts” tutto cambiò. L’album è un testamento da parte di entrambi su temi comuni alle loro esistenze, cioè la depressione e la salute mentale - anche Kanye, nel 2016, venne ricoverato per esaurimento nervoso dopo un exploit in una tappa del Saint Pablo Tour in cui fece un discorso “ambiguo”- e Cudi, in quel momento, aveva bisogno proprio di un ritorno alle origini in cui ritrovare sé stesso. In fondo, la sua musica ha sempre preteso di porre l’accento su una visione olistica della vita, soffermandosi sull’individualismo. Era una l’inizio di una vita, come ci ricorda proprio la canzone “Reborn”, la più lunga delle sette tracce complessive della durata di cinque minuti e venticinque secondi.
L’ultima opera di Cudi, composta da 18 tracce complessive, ha voluto porre al centro il numero tre, il numero perfetto. Oltre a completare la trilogia musicale, il disco è diviso in quattro atti: “Return 2 Madness”, “The Rager, The Menace”, “Heart Of Rose Gold” e “Powers”. Inoltre, il disco potrebbe rappresentare il terzo passo di una nuova vita dopo, essere stato in cima alla luna (“Man On The Moon - The End Of Day”), tornato sulla Terra per prendersi carico della sua salute (“Passion,Pain & Demon Slayin’”) e ora è volato di nuovo nella galassia con piena consapevolezza della sua anima con “The Chosen”.
In “Tequila Shots”, una delle migliori del disco, Cudi affronta i suoi continui problemi con la sua salute mentale e quei giorni, più negativi che positivi, in cui gli unici pensieri erano rivolti ad uscire da quegli incubi continui. La morte del padre quando Cudi aveva appena 11 anni è stato l’evento che di più lo ha segnato e formato. Nell’intervista con Zane Lowe per Apple, ricorda i primi tempi trascorsi post-lutto.
"Nel mio primo album non mi ero reso conto che la morte di mio padre aveva avuto un impatto in questo modo fino a quando non ne ho scritto. Immagino che essere solo sia un problema per me. Immagino che essere depressi sia un problema. Non sapevo cosa fosse. Sto solo facendo musica. Cose che non avevo individuato prima della terapia. "
Il suo allontanamento mentale gli ha permesso di riscoprire la vera essenza di essere artisti: il tempo. Kid Cudi ha realizzato quest’ultimo disco senza nessuna pressione di buttare tutto fuori per dimostrare di essere sul pezzo, che è un po’ il concetto per riassumere questa epoca frenetica e senza pause, ma ha iniziato ad assaporare tutto il suo percorso anche al di fuori della musica: ad esempio, ha recitato nella serie di Luca Guadagnino per HBO “We Are Who We Are”, uscita lo scorso settembre e disponibile in Italia per Sky Atlantic. Il punto di rottura nella vita e carriera di Cudi si materializza su una sottile linea rossa che divide l’ansia e l’esaurimento nervoso da una vita lenta, fatta di piccoli momenti di gioia in grado di comporre il puzzle finale dell’esistenza.
In “Mr. Solo Dolo III”, forse la canzone che rappresenta al meglio chi è il Kid Cudi artista, ci porta nella sua testa e nella mente che lo tormenta ogni notte. Nel primo verso rappa:
“Been pushin' it for days, I'm on a mission to climb, woah/ Losin' rеality, been sayin' I'm fine, try my hardest to sleep”.
È chiaro che la terapia di ripresa non è del tutto terminata, ma già nell’intervista con Lowe lo si vede più rilassato e sorridente. Come spiega, si è finalmente liberato del macigno da entertainer compulsivo, quasi un animale da circo, che deve soddisfare le folle affamate di novità. Dorme a sonni tranquilli.
Un altro punto interessante del disco “She Knows It”, dove ad intrecciarsi sono i temi legati alla futilità del sesso occasionale e cerca di riflettere verso il genere femminile quasi come una ispirazione, e come uno dei motivi del suo costante uso di droghe e alcool.
“Now listen, wow, baby, let me set it off
In your itty-bitty 'kini, such a vision, oh
You my fix, you's a hit in forever long
Workin' it, your sweaty body, love to see it go, ooh-ooh
Take a ride if you like, let's see”
Su Youtube, è stata pubblicata la prima parte del video della canzone diretto da Nabil Elderkin, la mente dietro diverse clip di Kendrick Lamar, Frank Ocean e Kanye West, ed è una piccola grande perla. Non voglio rovinare il piacere per chi non l'avesse ancora vista, vi dico solo che c’è Kid Cudi mentre guarda “La ricerca della felicità” di Will Smith in uno dei momenti clou del film. Inoltre, tutto il suo immaginario è presente in tutte le forme: dalla psichedelia all’alcool, alle droghe e gli istinti suicidi, fino ad arrivare alla voglia di evadere mentalmente.
Kid Cudi, a 36 anni, è nel momento più equilibrato della sua vita. Sempre nell’ultima traccia, alla fine della canzone, la figlia Vada interviene brevemente con un “to be continued”, lasciando presagire che ci sarà altra musica molto presto.
La rinascita ci ha permesso di vederlo nella sua forma migliore e noi speriamo rimanga così per sempre. Cioè, uno dei migliori interpreti musicali contemporanei.